Uno studio giapponese spiega perché diventiamo canuti: i capelli bianchi sarebbero una risposta difensiva naturale dell’organismo contro i tumori.
C’è chi li porta con orgoglio e chi li copre con tinture miracolose (col rischio di apparire più o meno ridicolo) ma i capelli bianchi, prima o poi, spuntano sulle teste di ognuno di noi (a meno di calvizie, ça va sans dire).
Per alcuni rappresentano un simbolo di fascino maturo (ricordate quanto piaceva l’ottimo George Clooney?), per altri un campanello d’allarme del tempo che scorre. Eppure, dietro l’ingrigimento non c’è solo l’aspetto estetico: potrebbe nascondersi un vero e proprio meccanismo di autodifesa dell’organismo.

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Tokyo, guidato da Emi Nishimura e Yasuaki Mohri, ha pubblicato su Nature Cell Biology uno studio che collega per la prima volta la comparsa dei capelli bianchi a un processo biologico anti-tumorale.
In altre parole: i nostri capelli diventano grigi non solo perché invecchiamo, ma anche perché il corpo cerca di proteggersi da mutazioni potenzialmente pericolose.
I capelli bianchi come scudo del corpo contro il cancro
La ricerca si è concentrata sulle cellule staminali del bulbo pilifero, da cui si originano i melanociti, le cellule responsabili del colore dei capelli e della pelle. Quando queste cellule subiscono danni al DNA — come la rottura del doppio filamento, una delle lesioni più gravi — il corpo attiva un sofisticato sistema di sicurezza e così entrano in azione due molecole chiave: p53 e p21, vere “sentinelle” della salute cellulare.
Queste sostanze agiscono come un freno d’emergenza: bloccano la proliferazione delle cellule danneggiate, spingendole verso un destino diverso — quello di differenziarsi in modo irreversibile e perdere la capacità di produrre pigmento. Il risultato? I capelli perdono colore, diventando grigi o bianchi. Quello che sembra un sacrificio è in realtà un atto di autodifesa del corpo contro la possibilità che quelle stesse cellule mutate diano origine a un tumore.
Un meccanismo, spiegano gli scienziati, diametralmente opposto a quello che avviene con l’esposizione solare: i raggi UVB, infatti, stimolano l’autorinnovamento e la proliferazione delle cellule cutanee — un processo che, se incontrollato, può favorire la formazione di melanomi.
L’invecchiamento come (insolita) strategia di sopravvivenza
Questa scoperta apre nuove prospettive non solo per comprendere meglio l’invecchiamento dei capelli, ma anche per studiare strategie preventive nei tumori cutanei. Le cellule staminali coinvolte nei due processi – come accennavamo – seguono due destini opposti: o si esauriscono, perdendo la capacità di produrre pigmento; oppure si moltiplicano in modo incontrollato, preludio potenziale a una trasformazione maligna.
E così il dottor Nishimura ha spiegato: “Questi risultati rivelano che la stessa popolazione di cellule staminali può seguire destini opposti. Capelli bianchi e melanoma non sono eventi separati, ma risposte divergenti delle cellule allo stress”.
In parole povere il corpo sceglie il male minore e, nel caso dei capelli, meglio perdere colore che rischiare una mutazione cancerogena.
Naturalmente, il fattore genetico e lo stile di vita restano fondamentali nell’imbiancamento dei capelli e nella buona condizione della cute. Fumo, stress cronico, esposizione a inquinanti e carenze nutrizionali possono accelerare la perdita di pigmento, mentre un’alimentazione equilibrata e la protezione solare quotidiana aiutano a mantenere in salute cute e capelli.
Ad ogni modo, da questo momento in poi, possiamo dare una nuova lettura alla canizie. I capelli bianchi potrebbero essere letti come un messaggio positivo: un segnale che il nostro organismo è ancora vigile, capace di difendersi e scegliere la strada più sicura per la sopravvivenza.
E chissà che un giorno, anche grazie a queste scoperte, la medicina non riesca a intervenire su questi meccanismi in modo mirato — magari trovando il giusto equilibrio tra le necessità biologiche e il desiderio, umano molto umano, di restare giovani più a lungo.





